Recanati

RECARE AMORE DI NATURA E VITA

La mostra è dedicata allo Spazio, in questo caso inteso come luogo concreto e stimolo visivo di nuove sensazioni, getta un “seme” per intraprendere un serio dibattito sul futuro e sulle sorti del territorio.

Info
Piazza Giacomo Leopardi - Recanati 071 981471
recanati@sistemamuseo.it

17 GIUGNO - 13 NOVEMBRE
Tutti i giorni
10:00 - 13:00 | 15:00 - 18:00

Se vuoi visitare la mostra in giorni e orari diversi da quelli di apertura, invia una mail di richiesta a recanati@sistemamuseo.it



L’installazione scultorea di Silvia Fiorentino per “E viva e il suon di lei”, programma triennale di LIVEllo2 ripreso dal 13° endecasillabo del famosissimo idillio L’Infinito di Giacomo Leopardi, è dedicata a una delle tre tematiche presenti nella poesia: lo Spazio, in questo caso inteso come luogo concreto e stimolo visivo di nuove sensazioni. Il progetto dal titolo “Recare amore di natura e vita”, concepito per questo contesto, è dedicato al vuoto e agli “scarti umani” legati al patrimonio industriale dismesso di piccole realtà sparse nel territorio delle Marche, destinate a scomparire per abbandono e decadenza. Con l’assenza dell’attività umana questi edifici, un tempo luoghi di produzione, di attività e diverse lavorazioni, di sogni industriali infranti, di vita lavorativa conosciuta da chi l’ha vissuta, sono testimonianze storiche in attesa di diventare memoria condivisa. Lontani il più possibile dalle forme igienizzate dello spazio urbano e intrappolati in una propria sospensione temporale, esistono come rovine che non seguono più i ritmi delle dinamiche metropolitane e sociali, ma rispondono principalmente a quelli della natura. In quest’opera la puntuale ricerca antropologica dell’artista esorta a riflettere sull’articolata tessitura di assesti simbolici e culturali che legano l’umanità al territorio e ai vari processi di trasformazione. Perno centrale di questa meticolosa indagine è il silenzioso abbandono di alcuni stabili dismessi e immortalati attraverso il disegno. Sono rappresentazioni di residui architettonici in cui il segno grafico parte dal reale per progredire verso una componente pittorica che si spinge oltre la figurazione, arricchita con variazioni tonali talvolta impalpabili. Nulla a che vedere, quindi, con l’archeologia industriale, soprattutto di memoria novecentesca legata ai coniugi Becher, maestri nell’usare il mezzo fotografico in maniera impersonale e distaccata, per ritrarre in modo seriale e in bianco e nero gli scenari appartenenti alla fabbrica svuotati dalla presenza umana. Dal 2000 l’artista ha definito alcune sue indagini installative Architetture Sentimentali che ritrovano conferma anni dopo nella “geografia emozionale”, termine usato da Giuliana Bruno nel suo saggio Atlante delle emozioni ispirato alla Carte de Tendre, carta della tenerezza, inventata dalla scrittrice francese Madeline de Scudéry, un itinerario dalla forma vagamente simile ad un utero per definire i percorsi emotivi dei propri sentimenti. I romantici disegni adagiati sul pavimento formano un mosaico sovrastato da sculture in ceramica, corpi pendenti, oscillanti e sospesi. Ricordano semi e forme organiche dall’anatomia viscerale molto espressiva e rivendicano una mitologia al femminile. Superato l’antropocentrismo, si rimette la Natura al Centro che si riappropria di queste aree creando un’estetica spontanea per dare loro l’occasione di una seconda vita e nuovo valore al territorio. “Vuoti a rendere” che aspirano a diventare nuovi contenitori e vettori di processi rigenerativi. Il vero trait d’union di tutto il lavoro è una sorta di campionario, concetto che appartiene al mondo dell’industria e del design, realizzato con formelle di ceramica con la mappatura dei colori del territorio. Collocate in alcune delle buche pontaie presenti nello spazio espositivo della Torre esaltano i due linguaggi, bidimensionale e tridimensionale che, alternandosi, si amalgamano e integrano costantemente in osmosi e dialogo. Non si tratta di una classificazione sistematica per la produzione in “serie”, ma una serie di campi poetici – la parola è una componente fondamentale e costante del suo modus operandi – in cui sono sedimentate impronte di archetipi che si rivelano con infinite sfumature e ci guidano alle radici dell’anima.

Nikla Cingolani

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